venerdì 24 luglio 2015

Lean on

Àncora. 
La mia salvezza. Spiraglio, bagliore, la mia nave sull'orizzonte opaco e quieto, le mie ali su un'indolente depressione del mare immenso e senza ragione. Come descriverti altrimenti? Come credere d'inverno al caldo di luglio? Ho paura delle tempeste invernali e so che sono le mie uniche compagne, non credo al brillìo del sole sull'onda e alla meraviglia dell'isola baciata dal sole. Sparisce, sparisce tutto nel cielo. Non aveva corpo, non aveva vita. Il luogo del lungo inverno infinito è dentro la mia anima e intorpidisce anche alla luce del sole. 

PhotoM@rzia
Immobile. Immensità immobile. Limbo della morte. Conosco il tuo nome. Perciò non crederò alla salvezza che vedo e alla bellezza finché non mi schiaffeggerà per svegliarmi dal sonno e non mi bagnerà di pioggia, fine e tenera, regalandomi le mie lacrime dolci.

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domenica 14 giugno 2015

Vela


-Foto di Salvatore C., fotografo ufficiale del mio blog-


Un mare calmo, piatto, lievemente accarezzato dalla brezza. Non è un cliché, perché se così lo chiamassi, chiamerei te inutile e non delicato. Il sole dell'alba sorge. Qualcuno mette una barca in acqua. Il suono è silenzioso, un lieve scivolìo, un suono grezzo, una caduta, uno schiocco. La barca salpa, come una nave diretta verso un orizzonte cangiante e fermo. Sempre davanti il sole, sempre davanti una luce esaltante.
Neanche un soffio di vento. Solo un'ebbrezza infinita che sospinge la nostra barca perché mai si fermi, perché ci sia infinitamente pace, infinitamente luce e vento tiepido che asciughi le nostre lacrime.


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domenica 27 luglio 2014

Celebration

Vasta baia ventosa. E' il riposo dell'anima. Il vento scorre sulle fronde; ondeggiano dolcemente, sono le onde sul mio orizzonte. Mi appoggio a un muretto. E' grigio. E' piccolo. E' scrostato, rovinato, chiazzato dal muschio. 

Ti hanno superato. 

Può stare lì, perché nessuno lo nota quando scorge il panorama, quando non si sente nulla se non il soffio silenzioso della brezza e nessuna meraviglia esprime l'eternità dello sguardo. E oltre ancora solo cielo, tanto, troppo; persino per l'immaginazione e le speranze dei fili d'erba cresciuti sui muri di cemento.



La foto del post è stata intitolata "Luminosità" da Salvatore, l'appassionato fotografo che l'ha scattata. Io trovo che essa possa celebrare degnamente il primo anniversario della creazione di questo blog e che possa essere di buon augurio per i post a venire. Grazie a tutti i lettori che si sono avventurati nella scoperta di questo esperimento letterario durante l'anno trascorso. Spero che ogni pubblicazione possa essere degnamente luminosa per questo spazio come lo è questa foto.

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giovedì 10 luglio 2014

Tempo



I Inverno

Questa sabbia mi ha visto annichilire lentamente raggranellando speranza. Speranze vane, speranze flebili come lo scorrere delle onde davanti a me. Calma piatta. Le onde arrancano rapide sulla superficie scivolosa, cercano un lumicino di sole, risplendono un attimo e si dissolvono; via, veloci come non avrebbero voluto.
L'ombra di un gabbiano le ha sorpassate, fulmine sul panorama dorato. 
E' stato un attimo, lungo come l'estate. Come l'estate finché non la senti addosso, come il sole d'agosto quando ti batte sulla pelle, ma non serve più ad abbronzarti. E' stato un attimo, che si è allungato in un lungo inverno.

II Estate

Il grano è biondo. I papaveri lo ravvivano e le margherite si riparano alla sua ombra. Il vento spira, ancora, forte, ma va a sfumare. E l'onda ricresce, fioca, dispersa fra le altre, si stende, lunga, bella e abbraccia la spiaggia e si disseta di luce.

Io sono qui. Spettatrice. Con l'abito del ballo, dello stesso colore, ma di un tessuto più leggero.

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venerdì 14 marzo 2014

Correre

Un'anatra starnazza e apre le ali per cacciarmi via dal suo territorio. 
Non è solo suo questo lembo di terra; alzo una gamba sulla staccionata. 
Le anatre starnazzano. 
Mi cacciano da un luogo che non è il mio. 
Ma è il mio. 
Me lo riprendo con la forza; l'impeto dei miei piedi al trotto mi schianta giù per un'altura e poi dritto, scappo dalle languide radici labirintiche che si insabbiano nel fango. Vado sulla terra morbida, mi sposto sulla melma, mi piego e, risalendo, batto il dorso del rilievo. Il sole illumina la strada poco distante, dietro le mie spalle. Un sole incerto che mi ricorda la città. E' familiare a me più della terra. E' vivo nella sua opacità. Davanti a me vedo alberi stesi sul dorsale, sono un'armata di pini che sembra stia per cadere. Ruoterebbe, come la carica dell'onda che si abbatte sul mare.

Le mie gambe si muovono sulla collina. Per scendere insieme agli alberi verso il prato ombroso. 


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